venerdì 8 febbraio 2013

Anoressica Depressa.

Ultima visita dalla psicoterapeuta, nuova diagnosi.
Stavolta sono "depressa".
Depressa come non lo ero mai stata.
Con la storia di mio padre*, ciò che mi sta accadendo è banale.
Quando un'etichetta nuova si aggiunge alla mia collezione,
mi piace provare a sentire dove si trova sul corpo.
E' come se ogni demone si rintanasse in una certa area di me,
ed io dedicassi tempo a scovarlo.
Un eterno nascondino,
un'eterna ricerca di me, attraverso loro.

E questa volta, so che la malinconia si è annidata nel petto, sulla sinistra.

Con la sua coda avvolge il mio collo, il mio braccio.
Mi scava dentro con i denti,
si affanna, vuole svuotarmi tutta.
Se potessi vedere dentro al mio corpo,
troverei un'ombra inconsistente e scura appena sotto la pelle,
che lentamente striscia.
Al suo passaggio, inquina i miei sospiri
di un liquido denso e color petrolio.

Non ho più voglia di fare niente.
Sono perennemente "senza".
Mi manca sempre qualcosa.
E so cos'è.
Ma non può tornare.
Non può tornare.

*Nota: sotto la parola "padre",
evidenziata in questo post, si nasconde un link.
Vorrei tanto che lo visitaste.
Grazie.*

11 commenti:

  1. Capisco banissimo cosa significhi essere etichettata, e quanto orribili possa essere una cosa del genere. Capisco benissimo perchè ci sono passata anch'io nella jungla delle etichettature. Sballottata da una parte all’altra, da un medico all’altro come una patata bollente, e tutti impersonali, distanti, mi chiedevano “Come stai?” e intanto avevano la faccia di chi sta pensando “maremma che palle anche stamattina il solito tran tran non vedo l’ora di tornare a casa stasera così c’è mia moglie che mi ha preparato la lasagna e magari mi becco anche un bel film in TV”. Mi facevano domande su domande, e poi mi consegnavano a qualcun altro appiccicandomi addosso un’etichetta, come si fa coi pacchi. La prima dottoressa che mi ha avuta in cura mi ha consegnata alla clinica con la definizione tecnica di “anoressica restrittiva”. Dunque non ero più una persona, ero diventata 2 parole. La cosa più drammaticamente divertente, poi, è stato vedere le mie inspiegabili metamorfosi sulle carte dei dottori. Al primo ricovero, dunque, ero 2 parole. Al secondo, di punto in bianco, eccomi qua: “anoressica restrittiva atipica”. 3 parole. Al terzo, da da dan!, “autolesionista con episodi di anoressia restrittiva – condotte disfunzionali”. E così via fino al quinto. Menomale che poi con i ricoveri ho chiuso, altrimenti non si finiva più. I medici non sapevano come classificarmi. Percepivo da parte loro una certa angoscia per questo. Non trovavano il termine adatto. Io li prendevo in giro e proponevo neologismi come “anoressismo”, “autolessia”. Adesso mi viene quasi da ridere. Per non piangere.
    Adesso ci studio vicino a quello che è stato il mio carcere. Se per caso diventerò dottoressa, io che so cosa significa essere 4 parole e non più un essere umano, voglio davvero provare a rivoluzionare qualcosa.
    E, sai, c'è qualcosa che anche tu puoi rivoluzionare: la tua vita. E dipende solo ed esclusivamente da te.
    Ti abbraccio forte forte...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Veggie <3
      Sono tanto felice di sentirti!

      Tendo a nascondermi tra le mie etichette. E sbaglio, quanto sbaglio.

      Elimina
  2. So cos'è il senza, so cos'è quell'ombra che ti fissa dall'interno, filtra ogni cosa che entra in te, a modo suo.
    Grazie dei commenti, hai un modo di scrivere stupendo.
    Sii forte, anche se è patetico quando si è "senza". Un abbraccio.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie a te del tuo commento.
      E col tempo, spero andrà meglio.
      Ti stringo

      Elimina
  3. Sai,le parole sono solo parole,siamo noi ad attribuire importanza o meno ad un'etichetta.Tu sei una persona che soffre,soffrire,essere tristi per la morte di tuo padre vuol dire essere depressi?chi avrebbe voglia di vivere dopo una cosa del genere?
    Le parole sono solo questo:parole.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Hai ragione, le parole hanno il peso che gli dai. Il mio problema è proprio questo: tendo a dipendere dalle etichette che mi sono assegnate, come se mi sentissi protetta da loro.
      Grazie di scrivermi spesso,
      anche tu hai un bellissimo blog, ho letto alcune ricette e sei davvero simpatica. Non ti commento solo perché con tutti i miei casini mi sento a sproposito a parlare di cibo.. scusami :)

      Elimina
    2. Ciao,non mi devi ringraziare e non devi sentirti in dovere di scrivermi,è una cosa che odio,uno deve fare quello che si sente non devi certo ricambiare il favore anche perchè non lo è,non sono attaccata a queste cose,le trovo stupide anche se sto notando che sono ben poche le persone che la pensano come me...sei d'accordo?
      Sei molto dolce e grazie per il complimento,sono subito rimasta colpita dalla storia di tuo padre e ultimamente sono molto sensibile quindi continuerò a seguirti sempre.
      A presto :-)

      Elimina
    3. Si, hai ragione. E' solo che mi piacerebbe molto sentirmi abbastanza "libera" per commentare. Grazie, e spero di sentirti presto :)

      Elimina
  4. Cara Hellie,
    prima di tutto mi complimento con te. Non è da tutte affrontare l'anoressia aprendo un blog per poter documentare la tua storia ma sopratutto per poter sfogare quello che hai dentro cercando un piccolo aiuto in noi, anche semplicemente da un conforto.
    Mi presento, mi chiamo Noemi e sono l'ultima persona intenta a scriverti per delle critiche. No, non sono qui per criticarti, assolutamente no, bensì per porgerti la mia mano. Scrivo per un blog di cucina, definito dai miei lettori "un blog di cucina diverso dal solito" poiché parlo della mia storia tra burro e cioccolato, tra biscotti e dolcetti. Ho sofferto di anoressia e bulimia per sette lunghi anni, e ora sto lottando per aiutare le altre persone a sconfiggere ana & mia.
    Capisco anche la tua malinconia. Io ho perso mia nonna tre anni fa e lei per me era come una mamma. All'inizio ho affrontato la cosa né digiunando né abbuffandomi per poi vomitare, mi sono convertita al salutismo, ovvero mangiando solo cibi naturali e diventando vegana. Più avanti scoprii che questo mio comportamento si chiama ortoressia e fa parte della malattia dei DCA.
    Con il tempo ho capito che nessuno mi potrà più riportare indietro la mia nonna, ma lei, se non fisicamente mi è sempre vicina e sempre pronta a proteggermi.

    Sono contenta di aver scoperto il tuo blog.
    Non ci conosciamo, ma vorrei solo dirti che se hai bisogno anche di un semplice incoraggiamento puoi contattarmi senza problemi, mi farebbe solo piacere.

    Un abbraccio sincero

    Noemi
    www.bacididama-blog.com

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie di avermi scritto, visiterò senz'altro il tuo blog. Sono contenta di stare finalmente trovando così tante persone che stanno sconfiggendo i dca. Un abbraccio.

      Elimina

Un'impronta su questa strada bagnata di pioggia.