venerdì 28 settembre 2012

VentottoSettembre

Ieri sera sono tornata in Italia.
Volevo ringraziarvi per i vostri incoraggiamenti,
e dirvi che è andato tutto bene.
Penso che presto farò un post in proposito, ma ancora sono troppo
frastornata e stanca.
Sono felice di aver fatto questo viaggio,
di aver superato le difficoltà connesse allo stare da sola
in una città sconosciuta.
Credo di aver superato molte delle mie paure più grandi.



L'aereo non mi preoccupa più.
Col cibo ho fatto del mio meglio.
E credo di aver acquistato una buona dose di sicurezza.
Mi sento più indipendente, più felice.




Mi sono arrangiata.
Ho fatto cose che non credevo di poter fare.

Ho voglia di crescere.
Un po', forse, sono GIA' CRESCIUTA.

martedì 18 settembre 2012

Last day on earth (paura paura)


Domani si parte.
New York.


Scusate se non vi ho commentate.
Ma vi ho lette tutte, con amore.

Ho una paura fottuta.
Che qualcosa vada storto.
Proprio ora che sto ricomiciando.
Paura, perché ho la fobia del volo e sarò SOLA su quell'aereo.
Perché una volta lì sarò ospite da un ragazzo che non conosco bene.
Paura, per il cibo che dovrò mangiare.
Perché me la dovrò cavare.
Paura di cadere,
e paura di crescere.

Fatemi un grosso in-bocca-al-lupo.
Terapia d'urto.
diecifottuteorecazzo.

Se tutto va bene, ci sentiamo il 27, o anche prima.
Un abbraccio a tutte.

giovedì 13 settembre 2012

Taste of Autumn


Adoro queste giornate autunnali, fredde.
Mi piace poter finalmente indossare le calze sotto gli shorts.
Assaporo queste giornate, che cominciano ad odorare di thé caldo e di foglie secche.
I miei vestiti, si impregnano di vaniglia.
Amo questo sole che non sorge mai,
che non scalda.

Due anni fa,
la sera era off limits.
I piedi costantemente gelati.
Le dita che non sentivo.
Circolazione periferica totalmente a puttane.

Quest'autunno, forse, eviterò di morire congelata.
E spero non mi manchi troppo quella sensazione.
Scoprirò che essere speciali,
non vuol dire per forza soffrire.


Quest'autunno, forse, non dovrò avere paura.
Smetterò di fare la vittima.
Imparerò a reagire.
Imparerò ad Essere.
Esisterò fuori dall'ossessione.

martedì 11 settembre 2012

I Buoniconsigli III: Nuovi Obiettivi

Questa strategia non è ancora collaudata, ed io stessa tenterò di metterla in pratica adesso, mentre ve ne parlo. Ho pensato che dopo un periodo no c'è il rischio di buttarsi giù: questo succede in particolar modo perché confrontiamo la situazione attuale coi risultati che avevamo precedentemente raggiunto, prima della ricaduta.
Per questo motivo credo che la soluzione migliore per star meglio sia semplicemente ripartire da zero.
Prendere come base ciò che si ha, smettere di guardarsi indietro e andare avanti.
Porsi degli obiettivi completamente nuovi, ben chiari e stabiliti, può servire per capire da dove riprendere la via.. E così adesso farò io. L'idea potrebbe essere stupida, vedremo se funziona xD

Nuovi Obiettivi:
1) Riuscire a convincere i miei che posso occuparmi di un gatto: Questo primo obiettivo sembra una stupidaggine, ma in verità è piuttosto complesso. Mia madre in particolare mi vede come una bambina, e anche se ripete logorroicamente che si fida di me, che non c'è niente che io non posso fare, che sono bravissima in tutto, in realtà non mi considera adeguata. Non pensa che io sia in grado di aiutarla in casa, né che i miei desideri siano più che capricci.
In pratica sono ..4 o 5 anni che chiedo loro di poter avere un gatto. Non ho mai fatto niente per meritarlo, perché io stessa ho sempre creduto in fondo di non essere all'altezza di averne uno, o di non avere comunque speranze di ottenere il permesso (vedete che logica da bambina ho, pure io?!).
Da oggi, mi impegnerò a fare tutto il possibile per dimostrare di essere responsabile e capace.

Si tratta di RITROVARE L'AUTOSTIMA e di far vedere cosa sono in grado di fare.

2) Ritrovare la mia famiglia: Mangiare a tavola assieme, riuscire a parlare come un tempo, sopportarsi, conoscersi, persino volersi bene. In poche parole, smetterla di sentirmi un'eterna esclusa, e tornare a far parte del nucleo. Da quando io e mio padre ci siamo ammalati (io di anoressia, lui di cancro) ci siamo allontanati sempre di più. Negli ultimi tempi le cose erano migliorate, adesso siamo di nuovo in stallo.
3) Migliorare il mio rapporto con mia madre: Vorrei in particolare riuscire a farle capire che la mia malattia è importante. Lei pensa solo a mio padre. A parlarne così posso sembrarvi egoista, ma è stato il mettere da parte se stessi per anni che mi ha portato all'anoressia. Mi ci è voluto un sacco per capire che anche io merito aiuto, e ho il diritto di riceverne, perché sono importante. Adesso devo tornare ad occuparmi di me, e voglio mi sia riconosciuto il lavoro che sto facendo in terapia, e l'importanza di tale lavoro (visto che non ascoltano ciò che consiglia la terapista e tendenzialmente non mi aiutano anche quando è stato loro detto come fare).

4) Aprirmi all'esterno: Incontrare persone, uscire, parlare, sorridere. Smetterla di soffrire in silenzio.

5) Non ferirmi più a causa del comportamento altrui: dimenticare il male che mi è stato fatto, e comportarmi con le presone esattamente come loro si comportano con me. Senza incolparmi, senza pretendere che tutti debbano amarmi.

Come avete notato, nessun desiderio riguarda esplicitamente il cibo. Si tratta di RIPRENDERE il CONTROLLO. Non solo sul corpo, ma sulla VITA. Si tratta di LASCIARSI ANDARE. E' il modo migliore per tenere in mano la nostra esistenza: avere un piano, ma non scrivere la strada finché non la si è percorsa. Compiere piccole deviazioni, lavorare per ciò che si sogna, e accettare ostacoli e piacevoli sorprese. Un abbraccio a tutte.


(credits for the cat picture: http://www.rosiepiter.com/)

lunedì 10 settembre 2012

Quante volte devo toccare il fondo per decidermi a risalire?

La voce squillante di mia zia mi infastidiva, a tavola.
La ignoravo, restando seduta, fingendo di essere morta, augurandomi che semplicemente la smettesse di rivolgersi a me e mirasse altrove.
Da un po' di tempo trovo le persone ancora più fastidiose del solito.
Spiedini di pollo, patate arrosto, una grande fetta di torta alle mele.
Finire a guardarsi allo specchio in camera, con già il sangue che ribolle.
Sono sempre stata "un'anoressica pura", ma l'idea del vomito, stranamente, mi allettava.
Due dita in gola, e mi sarei sentita libera.
Non tanto dal cibo, quanto dalla frustrazione.
Colpo di grazia. Ultima discussione. Ultima risposta cattiva da parte sua.
E' così difficile risolvere la situazione con lui.
La mia psicoterapeuta dice di "restare con quel sentimento", quello che provo quando penso che potrei non piacere a una persona, quando sento che gli altri mi giudicano in modo negativo.
Dovrei concentrarmi su ciò che percepisco, e imparare a conviverci.
Convivere col fatto che non tutti possono volermi bene, o ritenermi una bella persona.
Ma per me è difficile restare con quella sensazione.
Non volevo vomitare.
Per resistere ho fatto di tutto.
Compreso tagliarmi.
E alla fine, stavo meglio, impegnata com'ero a cercare una soluzione al gesto, a coprire le prove.
Mi sento una stupida.
Come se per farlo avessi solo "aspettato una scusa".
Erano giorni che trattenevo l'impulso,
e ieri non ce l'ho fatta più.

Quante volte devo toccare il fondo per decidermi a passare oltre?


Sono andata a letto presto, fin troppo.
E stamattina, forse, mi sento meglio.
Riesco a ricordare nitidamente di ieri, cosa che a caldo mi era difficile.
Quasi come se tutto fosse stato fatto da qualcun altro.

Vorrei riuscire a passare tranquillamente gli ultimi giorni a casa, prima di partire.
Qualche passo avanti.
Decidere di star meglio.
Devo lasciarmelo alle spalle..
Tutto questo dolore.
Tutto questo vuoto.
Tutto questo.

domenica 9 settembre 2012

La storia sul corpo.

Varicella. Tagli sulla bocca. Cadute mentre correvo. Una tipa con un secchio di plastica. La macchinetta del caffè.
Il ricordo di vecchie scarpe scomode.
E poi il segno di un ago,
trascinato e premuto su tutto il braccio.

Al tempo avevo già problemi col cibo,
ma fu la prima volta in cui mi feci coscientemente del male, tra un abbuffata e l'alta, nascondendomi
dietro a una scusa.

Siete mai stati stanchi del vostro modo di ferirvi?
Avete mai riflettuto su quanto tempo perdiamo odiandoci?
Avete mai creduto
di essere votate all'autodistruzione?

Vi siete mai chieste cosa vi impedisca di cambiare?

 Avete mai sognato di essere come tutte le altre?

A volte ho la sensazione
di temere più la felicità, che il dolore.
Come se le ferite autoinflitte mi aiutassero a sentirmi.
Come se servissero a tracciare dei confini,
a definire me stessa, a separarmi dal resto.
Come se la normalità mi facesse paura.

giovedì 6 settembre 2012

Voices of September

Ho fatto un patto con l'assenza,
mi sono legata all'invisibile.
Ed è familiare la sensazione del nulla,
ormai penetrato nella mia anima.
E il vuoto che sento, fa parte di me.

Il vuoto mi appartiene.
O io gli appartengo.
Oppure, siamo la medesima cosa.

E quando percepisco la solitudine,
forse sfioro la mia essenza.
Non mi libererò mai di lei,
dal momento che siamo della stessa sostanza.

Il mio vuoto è fatto di ossa.
Ed il fatto non se ne legga più
distintamente il marchio,
non significa che sia svanito.
Permane, etero.
Immutato.
E' qui dentro.
Appena sotto la pelle.
Nascosto alla vista.
E preme per riemergere.

E lei è lì. Loro ti fissano. Ti chiedi ancora cosa ci facciate là, e cosa sia successo.
Hai spento la macchina, il cofano è caldo quando lo sfiori con la mano, camminando lentamente, verso il centro della piazza. Non compatirle, vorrebbero darti una mano.
Non si rendono conto che è colpa loro.
Tu stai così, perché non saresti voluta venire.
E lo hai detto.
"Domani devo portare mio padre a fare chemio, e mi piacerebbe non far tardi".
Da quando guidi, tutti tengono improvvisamente molto alla tua presenza;
tanto che ormai ti senti in colpa quando non mantieni la parola, quando ti assenti,
quando non accompagni le persone.
E quindi alla fine, ti hanno convinto.
Hai combattuto col corpo allo specchio, prima di andarle a prendere,
per decidere con quale sacco coprirlo.
Sapevi già che quella sera dovevi rinunciare ad amarti
Presa la macchina, e percorsa mezz'ora di strada,
le forze ti hanno completamente abbandonata.
Non sai spiegarlo, ma adesso torni a casa.
Le hai lasciate sole, ma non hanno capito.
Ti guardano col  compatimento con cui si fissano i pazzi, mentre ti allontani.
Pretendono tutti di sapere di cosa hai bisogno,
ma non sanno.
Non sai neppure tu.
Un'idea si è insinuata nella tua mente, nel pomeriggio,
ma ti sei trattenuta stringendo i pugni.
Con le maniche corte lo noterebbero tutti.
Peccato che ancora non sia cominciato l'inverno.

Ps. Ragazze, ho bisogno del vostro aiuto:
1) Il pulsante "follow" messo nei link (rosa, di lato) vi funziona?
2) Non sono convintissima del titolo del blog, voi cosa ne pensate?

martedì 4 settembre 2012

Lucy at the gym

Tornare in palestra dopo un agosto di quasi totale ozio è strano.
Da una parte hai paura di non reggere i ritmi che tenevi quando hai smesso di allenarti
(cosa che denoterebbe senza pietà la tua pessima forma),
dall'altra temi il giudizio di allenatori e di tutti quelli che hanno continuato imperterriti
a correre sul tapis roulant anche nel torrido caldo estivo.
Avrei semplicemente voluto passare inosservata,
sparire tra gli attrezzi, tra cavigliere e materassini.
Nella mia mente i soliti pensieri.
Il solito disgusto per la mia fisicità,
la nausea di essere.
D, uno dei trainer, mi corre incontro appena entro

"Come sei sciupata, tesoro"

I suoi modi rischiano sempre di lasciarmi spiazzata, ma infine ci ho fatto l'abitudine.
Lo saluto con un bacio sulla guancia.
Sono dimagrita, troppo dimagrita.
Questo quello che mi dice, mentre faccio le braccia.
Ma io so che non è vero.
"Lo noto bene, io che non ti vedo da un mese"

Da un po' di tempo questi commenti non mi toccano.
E' come se fossi anestetizzata.
Non mi interessa più.
Il che non vuol dire essere guariti di colpo,
vuol dire vivere in automatico,
vuol dire seguire quella routine di pensieri
che devo invece cercare di evitare.
Per la serie, dimagrire o essere magra perché è così che deve essere.
Un'abitudine.
L'uguale che si ripete.
Ed io sono fatta di questo.
Il mio corpo informe trasuda noia e azioni ripetute.
Banalità, malinconia.

E domani ricominciano le sedute dalla psicoterapeuta,
e dalla dietista. Poi una visita dal ginecologo per il ciclo che non viene per mesi.
Senza progressi, nelle mani dei medici.
Senza progressi né voglia di progredire.

Vorrei guarire,
ma sono demotivata.
E non riesco più a nasconderlo.

lunedì 3 settembre 2012

Dopo cena mi sono guardata allo specchio, nel bagno di un hotel.
Prima di fare la doccia, i miei occhi hanno percorso il corpo riflesso.
Non è stato semplicemente un osservare, ma quasi uno scavare dentro.
Tra quelle ossa, quella pelle, dietro ai muscoli e al grasso.

Il busto sottile, con le braccia molli adagiate
lungo ai fianchi, orrendamente larghi.
Le cosce rilassate, sproporzionate, enormi.
Al loro centro, un piccolo spazio vuoto,
dal quale riuscivo appena a vedere
le mattonelle bianche sul muro.
Gli occhi spenti, stanchi, delusi.
Niente a che fare con la bellezza.
Quello che ho visto è stato il ritratto del vuoto.

Mi sono trovata completamente insignificante.







Ps. Non sono convinta del nuovo titolo del blog,
mi farebbe piacere se mi deste qualche consiglio in proposito.

domenica 2 settembre 2012

Lacrime e allenamenti lampo


Ieri sera ho parlato con A., e finalmente gli ho detto tutto.

Avevamo litigato di brutto per il mio comportamento da stronza, e per il modo in cui mi aveva trattato dopo il mio errore (un brutto errore, ma involontario).
Non ci parlavamo da una settimana o due.
Quando ho visto il suo nome sul display illuminato del telefono mi sono venti i brividi.
La sua voce, stanca e annoiata, ha raggiunto il mio orecchio, facendo vibrare appena l'aria, elettrica per il temporale. Così abbiamo parlato, quasi litigato di nuovo.
Finché non ci siamo messi di nuovo a parlare di quel periodo, un paio di anni fa, quando eravamo usciti completamente l'uno dalla vita dell'altro. Ciascuno aveva i suoi dolori.
Io, all'epoca attraversavo la più brutta fase dell'anoressia.
Non gli avevo mai spiegato tanto bene quanto avessi sentito il bisogno di lui, che non c'era.
Stavolta l'ho fatto, e tra imbarazzanti singhiozzi, dovuti soprattutto al ricordo del periodo, gli ho detto chiaramente che avrei voluto mi stesse accanto.
Si è sorpreso del fatto che per due anni ho taciuto questi sentimenti, ma io, purtroppo, sono fatta così. Tengo tutto, e allontano gli altri.
Non è stata colpa sua se se n'è andato. E' stata colpa mia che non gli ho mai detto "resta".
Dopo che ho riattaccato il telefono ho pianto un'altra mezz'ora.
Non riuscivo a riprendere contatto con il vero.
In balia di me, dei miei ricordi, di uno strano senso di inquietudine.
Piangere senza sapere perché.

Stamattina mi sono allenata in fretta, ed è già l'ora di uscire.
Vi abbraccio.

sabato 1 settembre 2012

I need a change of skin


Oggi è il compleanno di mio padre. E' una giornata grigia e strana, mi sono svegliata tra i colori e gli odori del temporale. Sono malinconica e spenta, stanca e con gli occhi rossi e secchi. Ieri sera ho passato dei brutti momenti. Ho conosciuto una ragazza, amica di una mia amica. Bellissima, magrissima, parla l'inglese come l'italiano. Una rondine tatuata, capelli stupendi. Ed io come sempre non reggo il confronto. A parte ciò, sono felice di averla incontrata. Mi piace la gente che non mi somiglia, strafottente e fiera di sé. Stasera mi aspetta un dolce alla frutta che ho promesso di mangiare. Per adesso, ricomincio con la palestra. Oggi, o al massimo il tre.
Di studiare non ne ho voglia, ma l'esame si avvicina.
Spero di spuntarla, in qualche modo.

In questo periodo mi sento confusa. Vuota.
Più mi circondo di persone, più mi sento sola.

Anche questo compleanno non aiuta.
E' vero che al momento mio padre non sta male .
Non più del solito.
Ma ogni tanto mi fermo a pensare.
Ho sempre paura che non ci sia un altro compleanno.
A volte mi sorprendo a guardarlo mentre dorme, in attesa di sentirlo respirare.
Patetico.

Cambiando argomento, ecco qui una
nuova veste per il blog: sentivo il bisogno di alleggerire.

Sentivo il bisogno di lasciarmi alle spalle alcune cose, e di essere più me stessa.
Credevo di soffocare, sospesa com'ero tra l'idea di guarigione e di malattia.
Tra le aspettative.
Sentivo il bisogno di cambiare.

Disperatamente, ho voluto dar vita a qualcosa che avesse significato.
Volevo che tutto qui urlasse "speranza".
Ma la verità è che non posso essere un esempio.
E che fa male fingere di esserlo.
Recitare.
Non voglio insegnare niente a nessuno.

Questo non vuol dire che non voglio guarire,
che non mi impregnerò per farlo,
che non scriverò di questo,
che non tenterò.

Procederò come sempre.
Alti e bassi.